Decisione N. 5091 del 11 maggio 2017 – Mutuo – In valuta

Decisione N. 5091 del 11 maggio 2017

COLLEGIO DI ROMA 

composto dai signori:

(RM) SIRENA …………. Presidente
(RM) MELI …………….. Membro designato dalla Banca d'Italia
(RM) SCIUTO ………….. Membro designato dalla Banca d'Italia
(RM) GRANATA ……… Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(RM) RABITTI ……….. Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti

Relatore SCIUTO MAURIZIO
Nella seduta del 10/03/2017 dopo aver esaminato:

- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica

FATTO 

1. In data 29.5.2009 la ricorrente sottoscriveva con la banca convenuta un contratto di mutuo indicizzato in franchi svizzeri per l’importo di € 390.000,00 da rimborsare in 20 anni. In relazione a tale contratto propone ricorso (preceduto da reclamo del 2.5.2016, di analogo tenore, rimasto non soddisfatto) nel quale lamenta la mancanza di chiarezza del contratto stesso, in violazione dell’art. 35 del Codice del Consumo, in relazione alla dinamica degli interessi, all’estinzione anticipata, alla surroga e alla conversione, asserendo altresì che un tale prodotto finanziario sarebbe stato sconveniente per il cliente fin dall’origine, come l’intermediario poteva prevedere. In particolare, il meccanismo di “doppia conversione” previsto nel contratto, per la sua onerosità, avrebbe di fatto limitato di fatto la possibilità del consumatore di estinguere anticipatamente il mutuo mediante surroga o conversione, ed è pertanto da ritenersi vessatorio ai sensi dell’art. 33, comma 2, del Codice del Consumo (d. lgs. 205/2006) creando uno squilibrio del rapporto sinallagmatico a favore della banca.Riferisce peraltro che a seguito di analoghe contestazioni mosse nel reclamo che precedette il ricorso qui esaminato, l’intermediario suggeriva varie opzioni che, tuttavia, creavano solo ulteriore confusione, invitando addirittura il consumatore a consultare un consulente finanziario prima di prendere qualsiasi decisione.

In ragione di tutto ciò, la ricorrente - richiamando anche un precedente del Collegio di Coordinamento di quest’Arbitro, del 25 maggio 2015 - chiede che venga dichiarata nulla la clausola contrattuale sull’indicizzazione, con condanna dell’intermediario al pagamento dell’importo complessivo, comprensivo di danni generici, di € 25.000,00 a titolo di rimborso delle somme incassate dalla banca come conguaglio sul cambio, nonché vari oneri aggiuntivi ed altri costi sostenuti per vari solleciti di pagamento.

2. Nelle sue controdeduzioni, la banca resistente, ribaditi i termini della complessiva vicenda negoziale e che comunque, allo stato, la ricorrente non ha ancora proceduto ad estinguere, deduce che il contratto è un mutuo in euro indicizzato al franco svizzero, tale per cui sia l’erogazione che le rate di rimborso sono regolate in euro, ma la valuta di riferimento, ai fini del calcolo delle rate, è il franco svizzero. Tale contratto si caratterizza per il fatto che l’indicizzazione delle rate di rimborso dipende, oltre che dall’andamento del tasso di interesse convenzionale (Libor/Franco svizzero a sei mesi) anche dal tasso di cambio Franco svizzero/Euro. Quindi, nell’alea del contratto stesso rientrano sia il rischio della fluttuazione del tasso di interesse (tipico di tutti i contratti di mutuo a tasso variabile) sia quello connesso alla fluttuazione del tasso di cambio Franco svizzero/Euro.

3. In particolare – precisa la banca - il suddetto meccanismo di indicizzazione previsto trova attuazione mediante “conguagli semestrali”, tali per cui le rate mensili (in euro) rimangono costanti per tutto il periodo di ammortamento del prestito, ma alla fine di ogni semestre viene calcolato il differenziale fra i tassi e l’importo (“positivo” o “negativo”) che genera un addebito o un accredito regolati su un “conto di deposito fruttifero”.

Le modalità di calcolo delle somme dovute all’intermediario in caso di estinzione anticipata del mutuo, prosegue la banca, sono chiaramente riportate nelle condizioni contrattuali (art. 7), secondo cui: “ai fini del rimborso anticipato, il capitale restituito, nonché gli eventuali arretrati che fossero dovuti, verranno calcolati in Franchi Svizzeri in base al 'tasso di cambio convenzionale' e successivamente convertiti in Euro in base alla quotazione del tasso di cambio Franco Svizzero / Euro rilevato ... e pubblicato su “Il Sole 24 Ore” nel giorno dell'operazione di rimborso” (“tasso di periodo”).

Ciò significa che (i) si converte il “capitale restituito” in franchi svizzeri, applicando il tasso di cambio convenzionale adottato al momento della stipula (c.d. “tasso convenzionale”), e quindi moltiplicando il capitale per tale tasso convenzionale; (ii) dopodiché, per calcolare la somma che il mutuatario deve in concreto corrispondere alla banca, si deve riconvertire in euro il capitale, come sopra calcolato, adottando il tasso di cambio esistente al momento dell’estinzione (c.d. “tasso di periodo”).

4. In definitiva, la banca ritiene legittima la clausola in questione sia in conformità ai princìpi di autonomia negoziale, sia perché del tutto chiara nell’esplicitazione dei due passaggi logici da seguire, che nel contratto sono stati appunto espressi in termini discorsivi perché più chiari per il consumatore rispetto ad una loro eventuale trascrizione mediante formule aritmetiche e matematiche. Del resto, nelle suddette note esplicative e riepilogative del meccanismo di indicizzazione inviate alla ricorrente nella fase di esecuzione del contratto, erano pure descritte le operazioni aritmetiche da seguire per procedere alla duplice conversione e la spiegazione dell’esatto significato della clausola determinativa della rivalutazione: il che può quindi ritenersi rispettoso di quanto stabilito da quest’Arbitro nella decisione a cui si appella la ricorrente (Coll. Coord., n. 4135/15).

5. In ultimo, la banca resistente non reputa applicabili tout court gli artt. 33 e 36 del Codice del Consumo, se solo si consideri come la suddetta clausola di indicizzazione potrebbe avere effetti positivi o negativi per entrambe le parti, e che del resto il giudizio di vessatorietà dovrebbe esprimersi avuto riguardo all’intero contratto e non ad una sola clausola. Chiede pertanto, in ragione di tutto quanto sopra riportato, il rigetto del ricorso.

DIRITTO 

6. La presente controversia investe una fattispecie già ripetutamente esaminata da quest’Arbitro, in sede di Collegio di Coordinamento, in relazione ad analoghi ricorsi presentati sempre verso la banca resistente.

7. Tanto considerato, non ravvede questo Collegio (che già precedentemente, con reiterate decisioni assunte in procedimenti instaurati sempre nei confronti dell’odierno resistente, aveva avuto modo di rilevare l’ambiguità della clausola di cui si discute: decisioni nn. 2374/ 2011; 2606/2011; 707/2012) elementi di novità o altri motivi per discostarsi dall’orientamento già assunto dal Collegio di Coordinamento, avuto riguardo in primo luogo alla decisione n. 7727 del 20.11.2014 del Collegio di Coordinamento, nella quale – può qui ricordarsi – veniva osservato:

Nella clausola contestata l’indicizzazione era in essa riferita, per il caso di estinzione anticipata, al capitale “restituito” anziché a quello “residuo”, come sarebbe stato richiesto dalla natura atipica e aleatoria del contratto posto in essere (Cass. 29 maggio 2012, n. 8548). L’elevato tecnicismo del meccanismo di indicizzazione adottato e l’assenza, nel testo contrattuale, di una chiara illustrazione delle sue modalità operative rendevano tuttavia non agevole per una persona non particolarmente esperta della materia, come il mutuatario, la percezione dell’erroneità di tale indicazione. (...) Per quanto si è detto, una volta venuto a conoscenza della grave inesattezza contenuta nella formulazione della clausola n. 7, egli era certamente tenuto ad attivarsi onde evitare che la parte mutuataria potesse essere indotta in errore dalla sua ambiguità (Cass. 5 maggio 2009, n. 10285; 21 maggio 2013, n. 12401).

8. Rileva, inoltre, l’ulteriore e più recente pronuncia del Collegio di Coordinamento dec. n. 5855 del 29.7.2015, in cui si è avuto modo di chiarire diffusamente “l’illegittimità della rivalutazione prevista nell’art. 7 del contratto” sulla base di quanto già ritenuto dalla Corte giustizia UE, la quale – deve anche qui ricordarsi - con sentenza n. 26 del 30.4.2013 ha affermato, nell'ambito di una controversia fra due consumatori ungheresi ed un banca in merito all'interpretazione di una clausola contrattuale relativa al corso di cambio applicabile ai rimborsi di un mutuo espresso in valuta estera, che:

L’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che, quanto ad una clausola contrattuale come quella di cui al procedimento principale, è necessario intendere il requisito secondo cui una clausola contrattuale deve essere redatta in modo chiaro e comprensibile nel senso di imporre non soltanto che la clausola in questione sia intelligibile per il consumatore su un piano grammaticale, ma anche che il contratto esponga in maniera trasparente il funzionamento concreto del meccanismo di conversione della valuta estera al quale si riferisce la clausola in parola nonché il rapporto fra tale meccanismo e quello prescritto da altre clausole relative all'erogazione del mutuo, di modo che il consumatore sia posto in grado di valutare, sul fondamento di criteri precisi ed intelligibili, le conseguenze economiche che gliene derivano. 

9. Ebbene, in conformità al dictum della Corte di Giustizia testé ricordato, la predetta decisione del Collegio di Coordinamento dec. n. 5855 del 29.7.2015, dopo aver precisato che:

“La norma contrattuale in esame prevede, in caso di richiesta di estinzione anticipata, che l’importo del capitale residuo vada prima convertito in franchi svizzeri al tasso di cambio convenzionale fissato nel contratto e successivamente riconvertito in euro al cambio franco svizzero/euro rilevato il giorno del rimborso. Il procedimento seguito dall’intermediario per calcolare il capitale da rimborsare a seguito della richiesta di estinzione anticipata del mutuo è agganciato alla sola variabile del tasso di cambio in quanto si applica al capitale residuo con la conseguenza che, attesa l’indicizzazione del capitale al Franco Svizzero, poiché nel caso di specie il tasso di cambio vigente al momento dell’estinzione era sfavorevole rispetto al “tasso di cambio convenzionale” di erogazione del capitale (cioè si è verificato un apprezzamento del Franco Svizzero sull’Euro), l’equivalente in Euro del capitale residuo da rimborsare risulta maggiore dell’equivalente in Euro previsto dal piano di ammortamento. Il suddetto calcolo si è, dunque, articolato in due fasi: dapprima il capitale residuo è stato convertito in Franchi Svizzeri applicando il tasso convenzionale di cambio adottato al momento della stipula; poi è stata calcolata la somma (in Euro) dovuta dal mutuatario per estinguere il debito riconvertendo in Euro il capitale residuo adottando il tasso di cambio esistente al momento dell’estinzione. In tal modo il cliente dovrebbe subire la doppia alea della duplice conversione del capitale residuo, prima in Franchi Svizzeri al tasso convenzionale e poi in Euro al tasso di periodo”;

ha ritenuto la nullità della clausola qui esaminata, osservando:

“La giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente affermato (confronta ex plurimis Cass. Sez. III, 8 agosto 2011, n. 17351) la necessità che le clausole contrattuali e i comportamenti delle parti contraenti siano conformi alle regole di correttezza, trasparenza ed equità e che la violazione dei suddetti principi comporta la nullità delle clausole contrattuali che non li rispettano. Non sembra che la clausola in esame «esponga in maniera trasparente il funzionamento concreto del meccanismo di conversione della valuta estera», nonché «il rapporto tra tale meccanismo e quello prescritto da altre clausole relative all’erogazione del mutuo», cosicché essa, secondo quanto ritenuto dalla Corte di Giustizia dell’Unione nella sentenza che è già stata più volte menzionata, sembra porsi in contrasto con l’art. 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13/CEE (ovvero con l’art. 34, 2° comma, cod. cons.), oltre che contro il predetto orientamento della Corte di Cassazione. Infatti, come si detto, detta clausola contrattuale prospetta che gli importi già restituiti o ancora dovuti dal mutuatario siano dapprima convertiti in franchi svizzeri al “tasso di cambio convenzionale”, e l’importo così ottenuto sia poi riconvertito in euro al tasso di cambio corrente, ma non espone affatto le operazioni aritmetiche che debbano essere eseguite al fine di realizzare tale duplice conversione da una valuta all’altra (e viceversa). Secondo la già menzionata sentenza della Corte di giustizia, la violazione del principio di trasparenza di cui all’art. 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13/CEE fa sì che la clausola di cui si tratta possa essere valutata come abusiva ai sensi dell’art. 3, paragrafo 1, della medesima direttiva, laddove «malgrado il requisito della buona fede, [determini] un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto». Com’è noto, l’art. 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE è stato attuato nell’ordinamento giuridico italiano mediante l’art. 33, 1° comma, cod. cons., la cui differente formulazione letterale non è significativa ai fini del presente giudizio. In quanto abusiva, la clausola contrattuale di cui si tratta è pertanto suscettibile di essere dichiarata nulla, ai sensi dell’art. 36 cod. cons. (corrispondente all’art. 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CE).
Parimenti, secondo il menzionato orientamento della Corte Suprema la violazione della fondamentale regola della trasparenza, quindi della obiettivamente agevole comprensibilità, comporta la nullità della clausola.
Ciò posto, è peraltro necessario stabilire quali conseguenze produca nel rapporto contrattuale tra le parti del presente giudizio la nullità della clausola che è stata sopra esaminata, dal momento che il suddetto rapporto deve comunque essere regolato. 
Per quanto qui rileva, la menzionata sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea ha così deciso: «L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che, [...] ove un contratto concluso tra un professionista e un consumatore non può sussistere dopo l’eliminazione di una clausola abusiva, tale disposizione non osta a una regola di diritto nazionale che permette al giudice nazionale di ovviare alla nullità della suddetta clausola sostituendo a quest’ultima una disposizione di diritto nazionale di natura suppletiva». (...) Nel caso di specie, il già menzionato art. 125-sexies, 1° comma, T.U.B.. (corrispondente all’art. 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE) così statuisce: «Il consumatore può rimborsare anticipatamente in qualsiasi momento, in tutto o in parte, l’importo dovuto al finanziatore». 

In armonia con la Corte di Giustizia si pone l’insegnamento della Suprema Corte, secondo cui (confronta Cass. Sez. I, 10 settembre 2013, n. 20686) l’accertata nullità della clausola concernente le modalità del calcolo degli interessi non travolge il contratto, ma impone al giudice un nuovo calcolo degli stessi. 

Il caso di specie va, dunque, deciso alla stregua dei principi sopra esposti. Pertanto, ribadita la nullità della clausola contenuta nell’art. 7 del contratto stipulato tra le parti del presente giudizio e tenuto conto del principio nominalistico di cui all’art. 1277, 1° comma, c.c., l’intermediario dovrà effettuare il conteggio ai fini dell’anticipata estinzione del finanziamento di cui si tratta applicando i principi sopra enunciati. 

In esito alla richiesta di estinzione anticipata del mutuo, il capitale residuo che il ricorrente dovrà restituire sarà pari alla differenza tra la somma mutuata (...) e l’ammontare complessivo delle quote capitale già restituite (queste ultime calcolate secondo la contrattuale indicizzazione al Franco Svizzero), senza praticare la duplice conversione indicata dall’art. 7 di cui è stata dichiarata la nullità. 

10. Non è inutile, in ultimo, ricordare come recentemente anche la giurisprudenza di merito (Trib. Milano, 16 novembre 2015, ord.) abbia avuto modo di pronunciarsi – sempre nella stessa direzione e sempre nei confronti dell’odierno intermediario resistente, per di più dichiarando espressamente di condividere gli orientamenti di quest’Arbitro - sul tema qui affrontato, concludendo che:

quanto alla clausola di cui all’art. 7.5 dei contratti de quibus, se ne ravvisa il contrasto con l’art. 35, I comma del Codice del Consumo non in relazione al meccanismo di conversione, ma in rapporto alla terminologia impiegata come sopra precisato”, sulla base della seguente argomentazione: “Ciò posto in ordine al meccanismo, è, però, da sottolinearsi che la terminologia impiegata in detta disposizione poteva dare adito a dubbi interpretativi, come, peraltro, condivisibilmente già osservato in alcune decisioni dell’ABF prodotte da parte ricorrente. In particolare, il problema si pone per la dicitura “capitale restituito” contenuta nell’art. 7.5: ed, invero, posto che l’indicizzazione riguardava, nell’ipotesi di estinzione anticipata, il capitale da rimborsare, l’adeguamento avrebbe dovuto riguardare certamente il capitale residuo e non già quello restituito sino alla data della richiesta di estinzione. Una simile inesattezza poteva avere come conseguenza quella di focalizzare l’attenzione del consumatore sul capitale restituito e non su quello da restituire, con le conseguenti inesattezze in punto di valutazione economica dell’operazione. Né vale considerare il meccanismo utilizzato per i conguagli semestrali in base al quale, una volta operato il conguaglio, nessuna rivalutazione delle somme rimborsate da parte del mutuatario poteva più essere disposta; ciò in quanto non è esigibile, da parte del consumatore, un ragionamento logico – giuridico volto a supportare un’interpretazione sistematica delle clausole contrattuali per giungere ad una corretta conclusione metodologica in ordine al calcolo e, prima ancora, per compiere una corretta e realistica valutazione delle somme ancora dovute in caso di estinzione anticipata. In sostanza, quindi, una simile inesattezza ben potrebbe essere fonte di non corrette valutazioni economiche da parte dei consumatori e, per ciò stesso, contravviene a quei doveri di correttezza, trasparenza ed equità nei rapporti contrattuali, che sono maggiormente avvertite in ambito comsumeristico ed impongono all’operatore professionale un onere di diligenza particolarmente stringente ed idoneo a colmare la normale asimmetria informativa nel rapporto con il cliente”. 

Analogamente, e ancor più di recente, il Tribunale di Roma, 3 gennaio 2017, respingendo la domanda del qui convenuto intermediario e condividendo gli orientamenti di quest’Arbitro, ha ribadito la contrarietà della clausola ora in questione rispetto alle regole di trasparenza poste dagli artt. 115 e 116, T.u.b., nonché dagli artt. 33 e seguenti del Codice del Consumo.

11. Da tutti gli argomenti ed i princìpi sopra ricordati ed in questa sede ancora una volta condivisi e ribaditi, deve pertanto ricavarsi la conclusione della nullità della clausola contestata dalla ricorrente; con l’esigenza pertanto che il rimborso anticipato del finanziamento possa avvenire mediante la restituzione della differenza tra la somma mutuata e l’ammontare complessivo delle quote capitale già restituite (queste ultime calcolate secondo la contrattuale indicizzazione al Franco Svizzero), senza praticare la duplice conversione indicata dall’art. 7 di cui è stata dichiarata la nullità.

12. Al di là di quanto così statuito circa la nullità della predetta clausola di cui all’art. 7 del contratto de quo, v’è poi da valutare l’ulteriore domanda della ricorrente, volta ad ottenere la corresponsione dell’importo complessivo, comprensivo di danni generici, di € 25.000,00 a titolo di rimborso delle somme incassate dalla banca come conguaglio sul cambio, nonché vari oneri aggiuntivi ed altri costi sostenuti per vari solleciti di pagamento.

13. Ora, che una siffatta pretesa di rimborso non possa accogliersi discende innanzitutto dalla constatazione della mancanza di alcuna evidenza o riscontro, da parte del ricorrente, di aver sopportato gli altri oneri o subìto i danni generici di cui riferisce, né di aver pagato alla banca le somme dovute a titolo di conguaglio sul cambio.

14. Del resto, pure v’è da osservare, in principio, come il meccanismo previsto nel contratto dedotto in lite (art. 4) resti immune dalle sopradette censure che conducono a predicare la nullità dell’art. 7. Esso difatti non obbedisce al meccanismo della duplice conversione operante in sede di estinzione anticipata, ma ad un mero meccanismo di “conguaglio” che prevede la continua formazione di un saldo su di un deposito infruttifero nel quale, via via, annotare l’eventuale differenza fra l’importo previsto, per ciascuna rata, in base al piano di ammortamento inizialmente calcolato al tasso convenzionale, e quanto effettivamente dovuto, per la stessa rata, sulla base dell’applicazione dei due “tassi di periodo” (Libor/CHF e tasso di cambio Euro/CHF). Così che, mentre in caso di differenza positiva (dunque a favore del mutuatario) il saldo si alimenta, in caso di differenza negativa (dunque a sfavore del mutuatario) essa, sempre secondo l’art. 4 del contratto, dovrebbe essere addebitata sul conto fruttifero, nei limiti del saldo su di esso disponibile, ovvero, se tale saldo non sia capiente, sulla prima rata utile dopo il 1° dicembre e il 1° giugno di ogni anno.

Si tratta in definitiva di un criterio di calcolo delle singole rate indicizzato all’andamento dei due tassi previsti dal contratto, che non solleva i medesimi problemi di trasparenza riferibili al meccanismo della doppia conversione del capitale residuo.

PER QUESTI MOTIVI 

Il Collegio dichiara la nullità della clausola contenuta nell’art. 7 del contratto e per l’effetto accerta che ai fini del rimborso anticipato del finanziamento debba essere restituita la differenza tra la somma mutuata e l’ammontare complessivo delle quote di capitale già restituite . Respinge nel resto contestata dalla ricorrente

Dispone, inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di Euro 200,00 (duecento/00) quale contributo alle spese della procedura e al ricorrente quella di Euro 20,00 (venti/00) quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso. 

IL PRESIDENTE

Maurizio Massera

Dec-20170511-5091