Decisione n. 2974 del 12 settembre 2012 – Mutuo – Estinzione del rapporto – Obblighi del mutuatario

Decisione n. 2974 del 12 settembre 2012

IL COLLEGIO DI MILANO
composto dai signori:

- Prof. Avv. Antonio Gambaro................................Presidente
- Avv. Maria Elisabetta Contino.............................Membro designato dalla Banca d'Italia (Estensore)
- Prof.ssa Avv. Diana V. Cerini ............................Membro designato dalla Banca d'Italia
- Dott. Mario Blandini .....................................Membro designato dal Conciliatore Bancario Finanziario
- Prof. Avv. Andrea Tina ...................................Membro designato dal C.N.C.U.
nella seduta del 17 luglio 2012, dopo aver esaminato

il ricorso e la documentazione allegata;

le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione;

la relazione istruttoria della Segreteria tecnica

FATTO

Beneficiario di un mutuo ipotecario indicizzato al franco svizzero stipulato nel 2008 per l’acquisto di un immobile, il ricorrente, intendendo rivendere l’appartamento gravato dall’ipoteca costituita a garanzia del rientro e quindi estinguere anticipatamente il finanziamento, provvedeva il 30 marzo 2011 a richiedere alla banca che lo aveva erogato il conteggio per procedere al rimborso anticipato alla data del 1° giugno 2011.
Ricevuta la quantificazione provvisoria del dovuto, con lettera del proprio legale del 24 maggio 2011, il mutuatario contestava le modalità seguite per effettuare il conteggio, che sosteneva erronee e tali da condurre ad un importo abnorme.
Gli perveniva, viceversa, il 31 maggio 2011 altra comunicazione dell’istituto contenente una nuova quantificazione del residuo, addirittura superiore alla precedente, sempre con riferimento all’ipotesi di estinzione anticipata alla data del 1° giugno. Seguiva pertanto nuova lettera, datata 1° giugno 2011, del legale e del cliente alla banca, con cui, nel lamentare il mancato riscontro alla precedente, venivano ribadite le contestazione già sollevate, in primis
con riferimento all’ammontare della somma reclamata a titolo di “rivalutazione cambio storico periodo”.
Nel frattempo, il mutuatario, nell’impossibilità di posticipare ulteriormente la vendita dell’appartamento, chiedeva nuovamente il conteggio del dovuto, questa volta con riferimento alla data del 1° luglio 2011. L’importo di cui l’intermediaria gli dava comunicazione il 29 giugno 2011 risultava ulteriormente incrementato.
Non avendo peraltro ricevuto alcun riscontro alle precedenti missive e non avendo quindi ottenuto né la revisione di quanto richiesto per l’estinzione anticipata del mutuo, né, comunque, alcuna risposta o giustificazione alle obiezioni formulate, il ricorrente, unitamente al proprio avvocato, presentava ulteriore reclamo con raccomandata del 30
giugno 2011, ribadendo le eccezioni sollevate e riservandosi ogni diritto e iniziativa all’indomani dell’estinzione anticipata del mutuo, cui si vedeva costretto a dar corso con il versamento di quanto reclamato dalla banca, non potendo ulteriormente differire la stipula del contratto di compravendita immobiliare.
L’intermediaria finalmente rispondeva, precisando che il meccanismo di rivalutazione doveva applicarsi non al capitale già rimborsato, come sostenuto dal cliente, bensì al capitale da restituire alla data di estinzione del mutuo. In base alle previsioni contrattuali, era pertanto detto capitale a doversi dapprima convertire in franchi svizzeri al cambio stabilito convenzionalmente dal contratto e quindi riconvertire in euro al corso del cambio franco/euro alla data dell’estinzione anticipata del mutuo.
Insoddisfatto della risposta ricevuta, il consumatore adiva l’Arbitro Bancario Finanziario, chiedendo accertarsi che, per dar corso all’estinzione anticipata del finanziamento, la banca aveva richiesto e percepito una somma non dovuta (consistente in quanto reclamato in eccesso a titolo di rivalutazione), pari a € 77.787,51 o alla diversa somma ritenuta di giustizia, e, quindi, condannarsi la stessa alla rifusione di detto importo, maggiorato di interessi e rivalutazione monetaria, oltre alle spese.
Con il ricorso ribadiva come la lettera del contratto fosse chiara nell’applicare il meccanismo di rivalutazione al “capitale restituito”, e quindi all’evidenza a quello già rimborsato e non a quello ancora da rimborsare.
Non solo, ma secondo il ricorrente detto meccanismo sarebbe consistito nel calcolare in primo luogo la differenza algebrica tra il capitale rimborsato calcolato in franchi svizzeri al cambio convenzionale e detto capitale rimborsato calcolato, sempre in franchi svizzeri, al cambio effettivo alla data del rimborso, e quindi nel convertire tale differenza in euro sempre al cambio alla data del rimborso. La somma così ottenuta avrebbe dovuto sommarsi al capitale residuo in euro.
Contestava peraltro il cambio utilizzato dalla banca, in quanto, a suo dire, non corrispondente a quello effettivamente rilevato alla data di riferimento.
Sosteneva che la clausola relativa alla quantificazione del dovuto in caso di rimborso anticipato del mutuo, ove avesse avuto il significato attribuitole dalla banca, sarebbe stata vessatoria e quindi nulla o inefficace, o comunque annullabile. Nessuna doglianza veniva viceversa sollevata in merito ad altra voce del conteggio, abbandonando rilievi formulati nella fase del reclamo. Accludeva all’atto, oltre al conteggio scambiato tra le parti, copia del mutuo ipotecario formalizzato con atto pubblico e del preliminare di compravendita relativo al bene ipotecato a garanzia.
L’intermediaria rispondeva facendo pervenire le proprie controdeduzioni, nelle quali eccepiva in via preliminare la mancata corrispondenza tra quanto contestato dal cliente con il reclamo e quanto viceversa eccepito con il ricorso.
Nel merito ribadiva come il conteggio di quanto dovuto in caso di estinzione anticipata, totale o parziale, del mutuo, consistesse nel convertire in franchi svizzeri il capitale ancora da restituire al tasso di cambio convenzionale fissato nel contratto e quindi nel convertire detto importo in euro al cambio franco svizzero/euro rilevato il giorno del rimborso, che doveva coincidere con la data di scadenza di una rata. Ciò a titolo di rivalutazione da sommarsi al capitale residuo in euro.
Concludeva chiedendo quindi il rigetto della domanda formulata con il ricorso, perché infondata.
DIRITTO
Deve preliminarmente esaminarsi l’eccezione di irricevibilità del ricorso sollevata dalla resistente, formulata sul rilievo che quanto affermato nel reclamo in merito alla voce “rivalutazione cambio storico cambio periodo” non coincidesse con quanto poi sostenuto nel ricorso.
Detta eccezione non può trovare accoglimento, non ravvisandosi nei due atti petitum e causa petendi diversi. Nel reclamo del 1° giugno 2011, ribadendo il contenuto della propria precedente missiva del 24 maggio, il legale del consumatore ha, infatti, genericamente sostenuto “di non comprendere e comunque di contestare l’esposizione dell’importo di €74.708,80 per asserita «rivalutazione cambio storico periodo»”, lamentando comunque la
natura vessatoria di qualunque clausola che imponesse al proprio assistito il versamento di una simile somma, mentre nel ricorso ha illustrato più diffusamente la contestazione sollevata, fondandola sull’interpretazione delle disposizioni contrattuali che disciplinavano l’estinzione anticipata e sul conteggio del dovuto che avrebbe dovuto essere condotto sulla base di detta interpretazione.
Venendo quindi al merito del ricorso, si deve in primo luogo accertare se la banca avesse indebitamente richiesto e percepito la somma di € 77.787,51 o altra somma comunque in eccesso rispetto a quella spettantele per procedere all’estinzione anticipata del mutuo.
La domanda del ricorrente sarebbe inaccoglibile ove tesa unicamente ad ottenere una decisione avente ad oggetto l’individuazione e la quantificazione di quanto effettivamente e unicamente dovuto all’intermediaria. Ciò, in quanto si renderebbe necessaria un’indagine peritale, la quale (anche ove non fosse ad esplorandum) risulterebbe preclusa
nel procedimento in esame, basato unicamente sulle allegazioni e produzioni delle parti (cfr., tra le tante, la decisione di questo Collegio n. 644/10).
In realtà, il ricorso mira semplicemente ad ottenere un accertamento relativo all’interpretazione delle norme pattizie.
Si tratta quindi di individuare la corretta interpretazione dell’art. 7 del contratto di mutuo ipotecario, rubricato “Estinzione anticipata”.
Così dispone il richiamato art. 7: “1.E’ facoltà della Parte mutuataria effettuare rimborsi parziali e estinguere anticipatamente il mutuo, (.........................). 3. La Parte mutuataria dovrà inoltrare richiesta scritta tramite lettera raccomandata con avviso di ricevimento che dovrà pervenire alla Banca almeno 60 giorni prima della scadenza della rata in cui la Parte mutuataria intende effettuare la restituzione parziale o totale. Ai fini del rimborso anticipato, il capitale restituito, nonché gli eventuali arretrati che fossero dovuti, verranno calcolati in Franchi Svizzeri in base al «tasso di cambio convenzionale» e successivamente verranno convertiti in Euro in base alla quotazione del tasso di cambio Franco Svizzero/Euro rilevato sulla pagina FXBK del circuito Reuter e pubblicato su «Il Sole 24 Ore» nel giorno dell’operazione di rimborso. Il rimborso, sia parziale che totale, dovrà essere perfezionato contestualmente alla scadenza di una rata. 4. Nelle more del preavviso, rimane invariato l’obbligo della Parte mutuataria di pagare le rate del piano di rimborso frattanto in scadenza compresa quella in scadenza nella data prevista per l’estinzione, in caso di rimborso totale. 5. In caso di rimborso parziale, si pattuisce espressamente che la somma restituita sarà in ogni caso di esclusivo utilizzo, anche parziale, del saldo recato dal rapporto di deposito infruttifero. 6. La somma restituita dalla Parte mutuataria al netto di quanto sopra e quant’altro dovuto a qualsiasi titolo dalla Parte
mutuataria alla Banca determinerà la quota di capitale estinto sulla base della quale verrà calcolata la quota di capitale residuo”.
Il problema consiste quindi nello stabilire se l’espressione “capitale restituito”, di cui il terzo comma della norma in questione dispone la rivalutazione ai fini del rimborso anticipato, vada riferita al capitale già rimborsato o a quello restituito all’atto dell’estinzione anticipata. E’ evidente come la disposizione in esame si presenti di non facile interpretazione, ciò che costituisce circostanza di per sé censurabile a maggior ragione ove si consideri che il
mutuatario è un consumatore.
Non essendo il testo letterale della disposizione in esame sufficiente ad individuare la comune intenzione delle parti, dovrà farsi pertanto ricorso ai criteri di interpretazione sussidiari stabiliti dal legislatore, tenendo ovviamente sempre presente il canone ermeneutico fondamentale della buona fede, che, se da una lato mira a tutelare il
ragionevole affidamento che, in base alle circostanze, le parti potevano riporre in un determinato significato della norma oggetto di valutazione, dall’altro impedisce di ricorrere abusivamente al dato testuale per pervenire ad interpretazioni cavillose.
La lettura del contratto indurrà quindi l’interprete ad avvalersi dei criteri posti dagli artt.1363 e 1369 cod.civ..
Dovrà quindi procedere, innanzitutto, ad interpretare sistematicamente le clausole, le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso risultante dal complesso dell’atto.
Dovrà inoltre intendere le espressioni che possano avere più sensi (quale è appunto la previsione di cui si controverte) in quello più conveniente alla natura e all’oggetto del contratto.
L’indagine dovrà quindi essere condotta tenendo presenti anche le altre clausole contrattuali, e in particolare quelle attinenti allo specifico tipo di contratto in esame: si tratterà pertanto di valutare, non tanto le disposizioni che disciplinano il mutuo ipotecario in generale, quanto quelle che ne prevedono l’indicizzazione al franco svizzero e ne regolano le conseguenze.
Deve quindi muoversi in primis dall’art. 4, intitolato “Interessi”, ove si precisa: “Le parti convengono che il presente mutuo è in EURO indicizzato al FRANCO SVIZZERO”.
Fissati i tassi di interesse e di cambio convenzionali di riferimento, la norma in questione precisa le conseguenze che la natura di contratto indicizzato comporta ai fini della determinazione delle somme mutuate da rimborsare. In particolare, con riferimento ad ogni trimestre di durata del rapporto successivo al primo, la clausola dispone che la banca determinerà “b1) l’eventuale differenza tra gli interessi calcolati nel semestre precedente in base al «tasso di interesse convenzionale» e gli interessi effettivamente dovuti in base al tasso LIBOR (London Interbank Offered Rate) FRANCO SVIZZERO SEI MESI per valuta 31 maggio relativamente al semestre 1° giugno – 30 novembre e per valuta 30 novembre relativamente al semestre 1° dicembre – 31 maggio, rilevato sulla pagine LIBOR02 del circuito Reuter e pubblicato su «Il Sole 24 Ore», maggiorato di 1,2 (uno virgola due) punti percentuali; b2) l’eventuale differenza tra il «tasso di cambio convenzionale» Franco Svizzero/Euro e quello rilevato per valuta, il 31 maggio per il semestre scadente a tale data o il 30 novembre per il scadente a tale data, rilevato sulla pagina FXBK del circuito REUTER e pubblicato su «Il Sole 24 Ore»; (.........). La differenza così determinata sarà applicata all’equivalente in Franchi Svizzeri (calcolata al «tasso di cambio convenzionale») di quanto liquidato alla Parte mutuataria in linea capitale e interessi nel corso dei sei mesi che precedono le date del 1° giugno e del 1° dicembre”. L’articolo in questione termina precisando che: “Ad ogni scadenza l’importo globale determinato dalla somma algebrica delle cifre rinvenienti dalle operazioni sopra descritte, costituirà il conguaglio positivo o negativo”, che dovrà essere, rispettivamente, accreditato o addebitato su di uno speciale rapporto di deposito fruttifero appositamente acceso.
Pare altresì opportuno fare riferimento all’art. 7 bis del contratto, che contempla la facoltà della parte di convertire il “tasso riferito al Franco Svizzero in uno riferito all’Euro” scegliendo tra i meccanismi di determinazione previsti dai diversi tipi di mutuo offerti dall’intermediaria. Precisato che la comunicazione di esercizio dell’opzione dovrà essere rivolta alla mutuante almeno sessanta giorni prima della data indicata per la conversione, che dovrà coincidere con la data di scadenza di una delle rate previste dal piano di ammortamento, la norma dispone che “Il giorno fissato per la conversione la Banca provvederà a determinare l’eventuale variazione tra il «tasso di cambio convenzionale» Franco Svizzero/Euro e quello per valuta giorno lavorativo precedente rilevato sulla pagina FXBK del circuito Reuter e pubblicato su «Il Sole 24 Ore», determinando l’incidenza di natura economica di tale variazione sul debito residuo, decurtato del saldo eventualmente esistente sul rapporto di deposito fruttifero. L’importo così determinato sarà preso a base di calcolo per il nuovo piano di ammortamento che conserverà, di norma, la scadenza originariamente stabilita contrattualmente”.
Gli articoli sopra richiamati permettono di fornire la corretta interpretazione della controversa espressione “capitale restituito” figurante al terzo comma dell’art. 7 del contratto, portando a concludere che si intenda fare con essa riferimento al capitale residuo, e cioè al capitale che verrà restituito all’atto dell’estinzione anticipata del mutuo.
Da un lato, infatti, l’art. 4 chiarisce la circostanza fondamentale e dirimente che si tratta di mutuo erogato in euro ma indicizzato ad altra valuta e quindi legato ai flussi di cambio tra questa e l’euro; al contempo dispone e dimostra che il capitale di tempo in tempo oggetto di rimborso viene semestralmente attualizzato ed adeguato al saggio di interesse del franco svizzero e al tasso di cambio franco svizzero/euro effettivi alla data di scadenza del semestre precedente rispetto ai tassi convenzionali fissati dal contratto.
Se quindi quanto rimborsato costituisce oggetto di adeguamento periodico con conseguenti conguagli positivi o negativi accreditati o addebitati sul rapporto di deposito creato a latere, non avrebbe alcun senso che il medesimo importo dovesse essere rivalutato ulteriormente. Oggetto di adeguamento non potrà quindi che essere il capitale
residuo, in relazione al quale appunto si dovrà procedere ad attualizzazione alla data di rimborso.
Dall’altro lato il richiamato art. 7 bis, che disciplina una fattispecie per molti aspetti analoga a quella del rimborso anticipato, è chiaro nell’applicare al “debito residuo” le eventuali variazioni tra il “tasso di cambio convenzionale
e quello rilevato il giorno precedente la conversione dei tassi.
Da quanto sopra emerge che il meccanismo di calcolo indicato dalla resistente risulta corretto, anche se, come rilevato, esula dalle funzioni del Collegio la verifica dei singoli importi e del corso del cambio franco svizzero/euro da applicare, dovendo comunque farsi riferimento a quello risultante in applicazione delle previsioni contrattuali.
Le considerazioni formulate portano conseguentemente al rigetto della domanda di condanna dell’intermediaria alla restituzione di quanto, ad avviso del ricorrente, versato in eccesso, salvo verifica che le parti potranno condurre circa l’effettivo andamento del cambio da applicare.

Tale conclusione non può essere modificata neppure in base alle censure sollevate nelle premesse del ricorso circa l’asserita nullità, inefficacia o illegittimità dell’art. 7 del contratto, oggetto di riserva da parte del ricorrente. La disposizione in questione non rientra, infatti, tra le tassative ipotesi contemplate dall’art. 1341 cod.civ. fermo  restando che per constante orientamento giurisprudenziale la conclusione del contratto per atto pubblico vale ad escludere la necessità di approvazione scritta delle clausole vessatorie. Al contempo la norma pattizia oggetto della vertenza non può considerarsi ricompresa nell’alveo delle clausole vessatorie, di cui l’art. 33 del D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206 commina la nullità.
Come più sopra accennato non ci si può tuttavia esimere dal rilevare come la disposizione oggetto di contestazione (ma, per molti aspetti, le medesime considerazioni sono destinate a valere anche con riferimento ai citati artt. 4 e 7
bis) risulti oscura e di difficile interpretazione per il mutuatario.
Significativa la circostanza che la medesima tipologia contrattuale e, nello specifico, la medesima clausola (comunque intitolata o numerata) di cui si controverte nel presente procedimento, abbiano costituito oggetto, per analoghe ragioni, di vertenze in precedenza deferite all’Arbitro Bancario Finanziario da altri soggetti nei riguardi della medesima intermediaria. Ciò porta a ritenere che in linea generale la disposizione in esame non risulti essere stata adeguatamente valutata e percepita dai clienti. Anzi è la natura stessa del contratto di mutuo indicizzato ad una valuta estera (ancor prima che la singola disposizione) a non essere stata all’evidenza soppesata dai mutuatari, i quali non ne hanno inteso il carattere aleatorio messo in luce dalla giurisprudenza (cfr. Trib. Torino 15 ottobre 1996, Trib. Pescara 24 gennaio 1997, Trib. Napoli 1° marzo 1997, Trib. Roma 1° aprile 1997).
Pur non essendo stata versata agli atti la documentazione attinente alla fase precontrattuale, e in particolare il foglio informativo, si rileva come non risultino raggiunte quelle finalità, che, altresì prima dell’emanazione del D.Lgs. 13 agosto 2010, n. 141, le norme in tema di trasparenza si propongono di conseguire, ossia un’adeguata informativa
dei possibili clienti allo scopo, in primo luogo, di metterli in grado di compiere una scelta consapevole, optando tra le possibili alternative esistenti. Peraltro, anche l’unica contabile agli atti, quella finale, non fornisce una chiara giustificazione delle diverse voci riportate e soprattutto della quantificazione dei relativi importi.
A maggior ragione ove il cliente sia un consumatore, si dovrà fornire e garantire un’adeguata informativa, secondo quanto impongono non solo le norme codicistiche e il D.Lgs. n. 385 del 1993 (ossia il Testo Unico Bancario), ma anche il D.Lgs. n. 206 del 2005 (e cioè il Codice del Consumo), i cui principi generali, quali sanciti dal relativo art. 2, valgono, da un lato, a rafforzare i diritti contemplati da altre disposizioni di legge, fornendone, altresì, una particolare chiave ermeneutica e interpretativa, e, dall’altro, a colmare le lacune che nella tutela dei consumatori possono residuare da differenti, più specifiche previsioni normative.
Tale esigenza deve essere a maggior ragione tutelata a fronte di contratti quali quello in esame, che presentano rilevanti analogie ed elementi di contatto con alcuni rapporti di natura finanziaria.
Associandosi all’invito già in precedenza formulato dal Collegio di Roma (con la decisione n. 1302 del 2010) di garantire maggiore trasparenza delle condizioni contrattuali, questo Collegio, avvalendosi della facoltà di formulare indicazioni utili a migliorare le relazioni tra le banche e la clientela, auspica quindi a sua volta che sia dell’informativa precontrattuale che nella formulazione delle clausole del contratto gli intermediari curino l’effettiva
comprensibilità, anche da parte di soggetti non esperti, della caratteristiche e dei rischi tipici delle operazioni che si apprestano a formalizzare e delle conseguenze che ne possono derivare.
P.Q.M.
Il Collegio non accoglie il ricorso.
Il Collegio delibera, altresì, di rivolgere all’intermediario, ai sensi di cui in motivazione, indicazioni utili a favorire le relazioni con la clientela.
IL PRESIDENTE
Antonio Gambaro

dec-20120912-2974