Decisione N. 25281 del 29 novembre 2018_Collegio di Milano

COLLEGIO DI MILANO

composto dai signori: 

(MI) LAPERTOSA .... Presidente

(MI) SANTONI ..... Membro designato dalla Banca d'Italia

(MI) STELLA ..... Membro designato dalla Banca d'Italia
(MI) FERRARI ..... Membro di designazione rappresentativa degli intermediari 

(MI) PERICU .... Membro di designazione rappresentativa dei clienti 

Relatore (MI) PERICU 

Seduta del 09/07/2018 

FATTO 

Parte ricorrente ha adito questo Arbitro rappresentando di aver sottoscritto (unitamente a cointestataria), il 14/04/2006, con l’intermediario un contratto di mutuo indicizzato al franco svizzero per l’importo capitale di € 150.000,00. Nel luglio 2015 il ricorrente ha chiesto ed ottenuto dall’intermediario un conteggio preventivo per l’estinzione anticipata del mutuo con data 21/07/2015 ed un successivo conteggio con data 20/08/2015. Nei conteggi di cui si tratta, il capitale residuo da restituire è stato rivalutato con il meccanismo della “doppia conversione” in base all’art. 7 del contratto di mutuo (ovvero, dapprima il capitale residuo è stato convertito in franchi svizzeri al tasso di cambio convenzionale previsto dal contratto e successivamente ri-convertito in euro al tasso di cambio vigente al momento della prevista estinzione). Inoltre – nei conteggi estintivi – l’intermediario ha sottratto dal debito residuo il saldo (positivo) di un conto-deposito intestato al ricorrente, solo dopo la rivalutazione; ciò anche se – a parere del ricorrente – trattandosi di spese compensate dopo l’applicazione del cambio, tale importo avrebbe dovuto essere detratto prima della rivalutazione (come sopra descritta). Il ricorrente ha altresì denunziato la clausola b2) dell’art. 4 del contratto, la quale, pur denominata “rischio di cambio”, avrebbe in realtà “mascherato” uno swap sulle valute come parametro di indicizzazione (c.d. “quanto option”), in spregio alle vigenti disposizioni del TUF in materia di strumenti finanziari derivati. Il reclamo inoltrato da parte ricorrente non ha avuto esito soddisfacente. Il ricorrente ha, quindi, domandato in questa sede arbitrale (i) dichiararsi la nullità della clausola di cui all’art. 7 del contratto di mutuo, nel senso che il calcolo del capitale residuo ai fini dell’estinzione anticipata sia calcolato per differenza tra la somma mutuata e l’ammontare complessivo delle quote capitale già rimborsate (queste ultime secondo la contrattuale indicizzazione al franco svizzero); (ii) in via di subordine, dichiarare la nullità di tutti gli importi addebitati a causa dell’indicizzazione al franco svizzero, con conseguente azzeramento delle “rettifiche sul tasso di cambio” sino alla data del reclamo, ordinando all’intermediario di non addebitare più sul conto-deposito le “rettifiche relative alla conversione franco svizzero euro”. 

Con controdeduzioni l’intermediario ha anzitutto eccepito l’inammissibilità del ricorso per incompetenza temporale di questo Arbitro (contratto stipulato nel 2006). Nel merito, ha poi richiamato l’art. 4 del contratto il quale dispone che l’erogazione e il rimborso del mutuo siano regolati in euro, mentre la valuta di riferimento ai fini del calcolo delle rate sia invece il franco svizzero. Secondo quanto riferito dall’intermediario, l’indicizzazione avverrebbe in forma di “conguagli semestrali”, da accreditare o addebitare su un conto-deposito fruttifero appositamente acceso presso la banca a nome della parte mutuataria. Nell’illustrare con completezza il meccanismo di funzionamento del contratto per cui è causa, l’intermediario ha sostenuto come non vi fosse alcun margine di incertezza circa le modalità di calcolo che avrebbero dovuto essere adottate, delle quali il cliente era sufficientemente informato. In particolare, non si sarebbe determinato a parere dell’intermediario alcun significativo squilibrio (tra la posizione del cliente e quella dell’intermediario) tale da determinare la vessatorietà della clausola, poiché l’andamento del franco svizzero poteva concretizzarsi sia in uno svantaggio che in un vantaggio per il cliente. In ogni caso l’asserita vessatorietà dovrebbe essere valutata alla data della stipula (e quindi fuori dalla competenza dell’ABF). Ha concluso per l’inammissibilità del ricorso e, in subordine, per il rigetto. 

DIRITTO 

Va, in primo luogo, disattesa l’eccezione di incompetenza ratione temporis formulata in via pregiudiziale dall’intermediario. Per consolidato orientamento dei Collegi, si ritiene che la materia del contendere verta non tanto sull’interpretazione ab origine del contratto de quo, quanto sulla condotta dell’intermediario in pendenza del contratto di mutuo. Risulta – in particolare – che le domande formulate dal ricorrente debbano essere in realtà ricondotte ai conteggi estintivi richiesti e prodotti dall’intermediario nel 2015 e non alla fase genetica del rapporto contrattuale (cfr. Coll. di Coordinamento, decisioni n. 5855/15 del 29/07/2015 e n. 5866/15 del 29/07/2015). 

Merita, invece, accoglimento la domanda principale formulata dal ricorrente, per ottenere la declaratoria di nullità dell’art. 7 del contratto (clausola di doppia indicizzazione). Detta stessa clausola è stata esaminata numerose volte dai Collegi di Questo arbitro e sinanco dal Collegio di Coordinamento, che la ha ritenuta nulla in ragione della vessatorietà che la contraddistingue. In particolare, come chiarito dal Collegio di Coordinamento (decisione n.5585 del 29/07/2015) “l’illegittimità della rivalutazione prevista nell’art. 7 del contratto” deve essere affermata sulla base di quanto già ritenuto dalla Corte giustizia UE, la quale – con sentenza n. 26 del 30/04/2013 ha affermato che: “L’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che, quanto ad una clausola contrattuale [come quella qui in esame] è necessario intendere il requisito secondo cui una clausola contrattuale deve essere redatta in modo chiaro e comprensibile nel senso di imporre non soltanto che la clausola in questione sia intelligibile per il consumatore su un piano grammaticale, ma anche che il contratto esponga in maniera trasparente il funzionamento concreto del meccanismo di conversione della valuta estera al quale si riferisce la clausola in parola nonché il rapporto fra tale meccanismo e quello prescritto da altre clausole relative all'erogazione del mutuo, di modo che il consumatore sia posto in grado di valutare, sul fondamento di criteri precisi ed intelligibili, le conseguenze economiche che gliene derivano”. 

In conformità al dictum della Corte di Giustizia testé ricordato, la predetta decisione del Collegio di Coordinamento, precisato che: “La norma contrattuale in esame prevede, in caso di richiesta di estinzione anticipata, che l’importo del capitale residuo vada prima convertito in franchi svizzeri al tasso di cambio convenzionale fissato nel contratto e successivamente riconvertito in euro al cambio franco svizzero/euro rilevato il giorno del rimborso. Il procedimento seguito dall’intermediario per calcolare il capitale da rimborsare a seguito della richiesta di estinzione anticipata del mutuo è agganciato alla sola variabile del tasso di cambio in quanto si applica al capitale residuo con la conseguenza che, attesa l’indicizzazione del capitale al Franco Svizzero, poiché nel caso di specie il tasso di cambio vigente al momento dell’estinzione era sfavorevole rispetto al “tasso di cambio convenzionale” di erogazione del capitale (cioè si è verificato un apprezzamento del Franco Svizzero sull’Euro), l’equivalente in Euro del capitale residuo da rimborsare risulta maggiore dell’equivalente in Euro previsto dal piano di ammortamento. Il suddetto calcolo si è, dunque, articolato in due fasi: dapprima il capitale residuo è stato convertito in Franchi Svizzeri applicando il tasso convenzionale di cambio adottato al momento della stipula; poi è stata calcolata la somma (in Euro) dovuta dal mutuatario per estinguere il debito riconvertendo in Euro il capitale residuo adottando il tasso di cambio esistente al momento dell’estinzione. In tal modo il cliente dovrebbe subire la doppia alea della duplice conversione del capitale residuo, prima in Franchi Svizzeri al tasso convenzionale e poi in Euro al tasso di periodo”; ha poi ritenuto la nullità della clausola, osservando che: “La giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente affermato (confronta ex plurimis Cass. Sez. III, 8 agosto 2011, n. 17351) la necessità che le clausole contrattuali e i comportamenti delle parti contraenti siano conformi alle regole di correttezza, trasparenza ed equità e che la violazione dei suddetti principi comporta la nullità delle clausole contrattuali che non li rispettano. Non sembra che la clausola in esame «esponga in maniera trasparente il funzionamento concreto del meccanismo di conversione della valuta estera», nonché «il rapporto tra tale meccanismo e quello prescritto da altre clausole relative all’erogazione del mutuo», cosicché essa, secondo quanto ritenuto dalla Corte di giustizia dell’Unione nella sentenza che è già stata più volte menzionata, sembra porsi in contrasto con l’art. 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13/CEE (ovvero con l’art. 34, 2° comma, cod. cons.), oltre che contro il predetto orientamento della Corte di Cassazione. Infatti, come si detto, detta clausola contrattuale prospetta che gli importi già restituiti o ancora dovuti dal mutuatario siano dapprima convertiti in franchi svizzeri al “tasso di cambio convenzionale”, e l’importo così ottenuto sia poi riconvertito in euro al tasso di cambio corrente, ma non espone affatto le operazioni aritmetiche che debbano essere eseguite al fine di realizzare tale duplice conversione da una valuta all’altra (e viceversa)”. 

Secondo la già menzionata sentenza della Corte di giustizia, la violazione del principio di trasparenza di cui all’art. 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13/CEE fa sì che la clausola di cui si tratta possa essere valutata come abusiva ai sensi dell’art. 3, paragrafo 1, della medesima direttiva, laddove «malgrado il requisito della buona fede, [determini] un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto». Com’è noto, l’art. 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE è stato attuato nell’ordinamento giuridico italiano mediante l’art. 33, 1° comma, cod. cons., la cui differente formulazione letterale non è significativa ai fini del presente giudizio. In quanto abusiva, la clausola contrattuale di cui si tratta è pertanto suscettibile di essere dichiarata nulla, ai sensi dell’art. 36 cod. cons. (corrispondente all’art. 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CE). Parimenti, secondo il menzionato orientamento della Corte Suprema la violazione della fondamentale regola della trasparenza, quindi della obiettivamente agevole comprensibilità, comporta la nullità della clausola. Ciò posto, è peraltro necessario stabilire quali conseguenze produca nel rapporto contrattuale tra le parti del presente giudizio la nullità della clausola che è stata sopra esaminata, dal momento che il suddetto rapporto deve comunque essere regolato. Per quanto qui rileva, la menzionata sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea ha così deciso: “L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che, [...] ove un contratto concluso tra un professionista e un consumatore non può sussistere dopo l’eliminazione di una clausola abusiva, tale disposizione non osta a una regola di diritto nazionale che permette al giudice nazionale di ovviare alla nullità della suddetta clausola sostituendo a quest’ultima una disposizione di diritto nazionale di natura suppletiva”. (...) Nel caso di specie, l’art. 125-sexies, c. 1, T.U.B. (corrispondente all’art. 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE) così statuisce: “Il consumatore può rimborsare anticipatamente in qualsiasi momento, in tutto o in parte, l’importo dovuto al finanziatore”. In armonia con la Corte di Giustizia si pone l’insegnamento della Suprema Corte, secondo cui (confronta Cass. Sez. I, 10 settembre 2013, n. 20686) l’accertata nullità della clausola concernente le modalità del calcolo degli interessi non travolge il contratto, ma impone al giudice un nuovo calcolo degli stessi. 

Il caso di specie va, dunque, deciso alla stregua dei principi sopra esposti. Pertanto, ribadita la nullità della clausola contenuta nell’art. 7 del contratto stipulato tra le parti del presente giudizio e tenuto conto del principio nominalistico di cui all’art. 1277, c. 1, c.c., l’intermediario dovrà effettuare il conteggio ai fini dell’anticipata estinzione del finanziamento di cui si tratta applicando i principi sopra enunciati. In esito alla richiesta di estinzione anticipata del mutuo, il capitale residuo che il ricorrente dovrà restituire sarà pari alla differenza tra la somma mutuata e l’ammontare complessivo delle quote capitale già restituite (queste ultime calcolate secondo la contrattuale indicizzazione al Franco Svizzero), senza praticare la duplice conversione indicata dall’art. 7 di cui è stata dichiarata la nullità. 

L’accoglimento della domanda – qualificata come principale dal ricorrente – implica di non procedere alla delibazione della domanda subordinata. 

PER QUESTI MOTIVI 

Il Collegio accoglie parzialmente il ricorso ai sensi di cui in motivazione.
Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di € 200,00, quale contributo alle spese della procedura, e alla parte ricorrente la somma di € 20,00, quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso. 

IL PRESIDENTE 

Flavio Lapertosa